Il Pensiero Creativo e la Didattica Narrativa
La didattica narrativa è affidata all’estro occasionale del docente? No!
L’istituzione scolastica nella persona del dirigente scolastico in primis, dovrà farsi promotore di momenti di riflessione e sarà organizzatore di occasioni formative.
Perché tra gli alunni vi è una dissafezione allo studio e all’impegno?
Purtroppo, l’ideologia della prestazione, il voto, la valutazione fiscale e sanzionatoria, la centralità del supporto cartaceo: i quaderni, il libro di testo sono sempre il “bastone” del docente e questo non favorisce la voglia di studiare né l’applicazione allo studio.
Non facile far passare il messaggio di fare didattica in altro modo, adeguandosi alle nuove generazioni, al loro modo di pensare e di vivere.
Dal gioco al pensiero narrativo
Rodari sottolineava come l’uso del libro mortificato a strumento di esercitazioni, soffocato dal meccanismo tradizionale di interrogazioni e di giudizi non è stimolante per nessuno. Anche Pennac proclamò la “gratuità” del leggere che non “sopporta l’imperativo”, denunciando il danno educativo delle pratiche coercitive, con schede, riassunti, parafrasi e questionari che spengono il gusto alla lettura.
Del resto le Indicazioni Nazionali raccomandano la lettura e la didattica narrativa, decisamente più stimolante, che consente un rapporto coinvolgente con il testo e i sistemi di codifica del sapere.
La narrazione è infatti la forma espressiva più congeniale all’uomo: trasversale all’oralità e alla scrittura, attraversa le culture, le epoche, i luoghi sia nelle civiltà illetterate che in quelle alfabetiche.
Bruner considera il pensiero narrativo “una modalità di organizzazione dell’esperienza. Serve a costruire il mondo per caratterizzare il flusso, per suddividere gli eventi al suo interno”.
Il pensiero narrativo è caratterizzato da valori, intenzioni, scopi ed è applicato all’interpretazione degli eventi che coinvolgono gli esseri umani, mette in collegamento le azioni e i comportamenti delle singole persone con i loro desideri, le loro aspirazioni ed emozioni, i valori etici.
La narrazione segue filogeneticamente ed è generata dal gioco come sostiene M.C. Corballis; legato a condotte relative al soddisfacimento dei bisogni primari e alla sopravvivenza e successivamente funzionale al divertimento e al piacere. La capacità di raccontare infatti, diventa strumento attraverso il quale ordinare gli eventi, comprendere la realtà, memorizzarla ed inventarla per parlarne con gli altri.
L’importanza del racconto ludico, della fiaba che in virtù del coinvolgimento empatico e dei meccanismi proiettivi e identificativi innescano emozioni forti e “calde” come la gioia, la paura, la rabbia, la tristezza e quelle più mentali come la curiosità, l’interesse, il divertimento costruendo e arricchendo il lessico dei sentimenti.
Cantare, contare e raccontare non sono legate da semplice consonanza ma definiscono un ambiente di apprendimento e di relazione creativo in cui la fantasia e l’immaginazione sollecitano sia lo sviluppo emotivo che quello cognitivo.
La mimica, la voce dell’insegnante consentono la rappresentazione di scenografie, personaggi e contesti fantastici in cui maturano le esperienze affettive, emozionali e conoscitive.
La lettura condivisa così come l’esposizione precoce al libro, promuovono l’apprendimento del linguaggio e dei sistemi simbolici, permettono la condivisione delle emozioni, stimolano il piacere e l’attitudine alla lettura.
La grammatica della fantasia
Le capacità espressive non possono essere legate solo alla scrittura, alla ricchezza lessicale, la correttezza morfosintattica e ortografica non si acquisiscono con lo studio della grammatica. Pensiamo alle tecniche indicate da Rodari che proponeva ai suoi allievi fiabe, indovinelli, termini improbabili su cui costruire una trama (gatto-stivali), all’errore creativo col serpente pitone che diventa serpente bidone e il prefisso arbitrario che produce trinocolo e lo stemperino, alle fiabe al rovescio e all’insalata di favole.
“L’immaginazione del bambino, stimolata a inventare parole, applicherà i suoi strumenti su tutti i tratti dell’esperienza che sfideranno il suo intervento creativo. Le fiabe servono alla matematica…alla poesia, alla musica, all’impegno politico.” (Rodari)
Il pensiero ludico si dirada sempre più dalla scuola primaria, scemando quasi completamente alla secondaria di secondo grado, ai licei! Dove il pensiero paradigmatico delle categorie e dei concetti astratti e le forme di comunicazione trasmissiva guadagnano spazio.
E’ vero che è diffusa l’educazione alla lettura con le biblioteche di classe, la festa del libro, gli incontri con gli autori, spesso, però, queste iniziative si accostano ad un impianto curriculare che mantiene gli apprendimenti “nobili” ancorati al manuale, alla spiegazione ex cathedra, alle esercitazioni.
Sarebbe preferibile che alle lezioni, alla prescrizione, alla ripetizione, all’asserzione e alla dimostrazione logica si privilegiassero, per la loro efficacia, le modalità più spontanee, più naturali quali il racconto, la conversazione, la discussione nel rispetto tra l’altro, dei principi introdotti dalla dialettica, del metodo induttivo socratico, della retorica.
Il soggetto che ascolta non è mai passivo ricevitore di messaggi e dati da immagazzinare ed archiviare ma li reinterpreta, li rielabora riorganizzandoli, crea mappe cognitive, formula ipotesi rinviene modelli comportamentali e criteri per dare un senso alla realtà.
E’ attraverso il racconto che si arriva ai ricordi e non il contrario secondo la stessa prospettiva psicanalista per la quale assume maggiore rilevanza l’interpretazione del narratario ossia lo psicoterapeuta. Infatti, esternalizzare i propri contenuti mentali può avere una funzione catartica e le esperienze più dolorose, se convertite in racconto, diventano meno angoscianti e dolorose.
Come procede il pensiero narrativo?
Non segue di solito una logica lineare ma procede per analogie, somiglianza, similitudini e fa emergere ciò che è irregolare, anomalo, sorprendente. Non afferma assiomi e verità assolute ma tende al relativismo, al pluralismo, alla soggettività con la presenza simultanea di realtà multiple ugualmente legittime. Ciò non vuol dire che il pensiero narrativo sia antagonista di quello scientifico, ma si mescola con esso, lo incorpora e lo usa per esplorare la realtà, la storia, l’animo umano.
Autobiografie e pensiero scientifico
Platone sviluppava le sue argomentazioni filosofiche usando il dialogo e i racconti mitologici mentre l’opera principale di S. Agostino è un saggio autobiografico: Le Confessioni. Uno scrittore autobiografico è anche il Discorso sul metodo di Cartesio che anticipa i fondamenti della scienza moderna.
Pensiamo a Freud che ci spiega la psicoanalisi attraverso il racconto della sua vita o Piaget che descrive le teorie attraverso la descrizione delle osservazioni e degli esperimenti in ambito famigliare.
Pertanto, nelle didattiche disciplinari anche dei licei si dovrebbe trovare spazio per il gioco e la narrazione, per stimolare la curiosità epistemica e le motivazioni intrinseche più coinvolgenti.
Un racconto o un film di fantascienza possono aprire la strada verso lo studio di teorie e leggi fisiche, matematiche e tecnologiche che l’approccio manualistico rende faticoso, a volte ostico, per alcuni studenti producendo alti indici di fallimento.
Cosa ci può aiutare?
Le tecnologie digitali e la realtà virtuale ci offrono contesti per creare storie, viaggi, dispute e ambienti di vita per confrontarsi, discutere.
Il progetto, i compiti di realtà, l’input problematico dovrebbero precedere le acquisizioni disciplinari e costruire il loro sfondo integratore per dare senso e finalità agli studi e agli apprendimenti e sollecitare i bisogni epistemologici degli allievi.
Non si avrebbe la dissoluzione dei sistemi teorico-concettuali e dei linguaggi delle discipline il cui apprendimento procederebbe però non dai principi, dalle regole astratte, dagli assiomi ma per via induttiva da contesti di esperienza, da situazioni problematiche, da suggestioni e bisogni conoscitivi.
L’introduzione della dialettica narrativa non può essere affidata all’estro, all’occasionale verve innovativa dei singoli docenti ma le istituzioni scolastiche se ne devono far carico promuovendo momenti di discussione, di formazione mirata all’acquisizione di altre prospettive didattiche più stimolanti e performanti.
Si potrebbe immaginare il collegio dei docenti che progetti almeno una volta non il Prof ma discuta di indovinelli, filastrocche, calligrammi e proverbi e alla fine chissà ci scapperebbe anche un limerick per il preside:
il mio dirigente scolastico è sempre sorridente ed elastico; quando arrivo in ritardo mi offre un sorriso e un savoiardo, che preside fantastico!
Articolo scritto da Federica Consolini